mercoledì 28 dicembre 2016

Erode è ancora tra noi.

Un bell'articolo di Clauda Cirami pubblicato nella pagina di Notizie Provita 




Chi celebra la festa dei Martiri Innocenti, il 28 dicembre, pensa alla famosa strage come a un evento lontano, passato, simbolico. Invece ci sono moderni Erode – vivi e con un certo seguito – che sostengono l’aborto perché ritengono le vite dei bambini senza valore.

Immaginare i bambini ancora nel grembo andare incontro alla morte causata da un aborto volontario è terribile. Negli anni, però, è stata oltrepassata anche un’altra terrificante frontiera: il divieto di sopprimere un bambino già nato. L’infanticidio a tutti gli effetti viene perpetrato in modo legale, con il consenso di medici e genitori, principalmente a causa di gravi malattie o disabilità permanenti, ma già c’è chi lo giustifica per cause più futili.

In molti hanno pensato subito al paragone con Sparta. Secondo la tradizione, nella città-stato del Peloponneso il gruppo sociale più potente, gli spartiati, abbandonava sul monte Taigeto i figli nati con problemi fisici, condannandoli a morte. Un criterio di efficienza motivava questa scelta: gli spartiati, guerrieri, che detenevano il potere, erano numericamente inferiori agli altri gruppi sociali. Erano dunque “condannati” alla perfezione e a ben dosare tempi e risorse.

Il paragone è azzardato? No. Anche oggi un sottinteso criterio di efficienza motiva i sostenitori dell’aborto e di questa pratica turpe: in una società fondata su “valori” quali bellezza, giovinezza, salute – in cui malattia e disabilità sono messe al bando – chiunque non è in linea con questa pressante richiesta di perfezione è guardato con sospetto e, spesso, fatto oggetto di proposte da “soluzione finale”. A Sparta, però, non si trinceravano dietro motivi umanitari, né soprattutto abbiamo la certezza che ciò avvenisse davvero: recenti studi sembrano disconfermare questa tradizione. Ciò che invece accade oggi è reale e, in nome di una presunta libertà individuale e di un malinteso senso di pietà, si pretende di disporre della propria vita e di quella altrui con arroganza prometeica. Già Giovanni Paolo II aveva sottolineato: «Si delinea e consolida una nuova situazione culturale, che dà ai delitti contro la vita un aspetto inedito e — se possibile — ancora più iniquo suscitando ulteriori gravi preoccupazioni: larghi strati dell’opinione pubblica giustificano alcuni delitti contro la vita in nome dei diritti della libertà individuale e, su tale presupposto, ne pretendono non solo l’impunità, ma persino l’autorizzazione da par- te dello Stato, al fine di praticarli in assoluta libertà ed anzi con l’intervento gratuito delle strutture sanitarie» (Evangelium Vitae, n. 4).

lunedì 12 dicembre 2016

La meravigliosa storia della Madonna di Guadalupe



LE APPARIZIONI E IL MIRACOLO DELL’IMMAGINE DI “MADRE INCINTA DI TRE MESI” STAMPATASI SUL MANTELLO DI SAN JUAN DIEGO
LA STORIA STRAORDINARIA DELLE APPARIZIONI E DELL’IMMAGINE MIRACOLOSA



Un giorno in cui contemplava una riproduzione dell’Immagine di Nostra Signora di Guadalupe, Papa Giovanni Paolo II fece questa confidenza: «Mi sento attirato da quest’Immagine, perché il viso è pieno di tenerezza e di semplicità; mi chiama…». Più tardi, il 6 maggio 1990, in occasione di un pellegrinaggio in Messico, il Santo Padre beatificava il messaggero di Nostra Signora, Juan Diego, e diceva: «La Vergine ha scelto Juan Diego fra i più umili, per ricevere quella manifestazione affabile e benigna che fu l’apparizione di Nostra Signora di Guadalupe. Il suo viso materno sulla santa Immagine che ci lasciò in dono ne è un ricordo imperituro». Nel secolo XVI, la Santa Vergine, piena di pietà per il popolo azteco che, vivendo nelle tenebre dell’idolatria, offriva agli idoli innumerevoli vittime umane, si è degnata di prendere in mano essa medesima l’evangelizzazione degli Indiani dell’America Centrale che erano anch’essi suoi figli. Un dio degli Aztechi, cui era attribuita la fertilità, si era trasformato, con l’andar del tempo, in dio feroce. Simbolo del sole, quel dio, in lotta permanente con la luna e le stelle, aveva bisogno – così si credeva – di sangue umano per restaurare le proprie forze, poiché, se fosse perito, la vita si sarebbe spenta. Sembrava dunque indispensabile offrigli, in perpetuo sacrificio, sempre nuove vittime.

Trasformare la Fede in Cultura - intervista a Aldo Maria Valli








dal Blog di  Aldo Maria Valli

Il papa Giovanni Paolo II, in molte occasioni, ha insegnato che la fede deve farsi cultura. La fede “trasforma” l’uomo che, quindi, diventa capace di una nuova cultura, una nuova visione della realtà, un nuovo modo di vivere. Da questo devono scaturire anche dei criteri per un giudizio sugli avvenimenti e sui fenomeni sociali. In concreto, dal suo punto di vista, come si deve esprimere questo insegnamento?

Il punto di vista dal quale mi pongo è soprattutto quello del genitore di sei figli: due giovani adulti, tre universitarie, un’adolescente. Quando si affronta questo argomento, da alcuni di loro arriva un’obiezione: la religione impone troppi obblighi, inventa troppi tipi di obbedienza, costringe la persona in un percorso artificioso, che non sa fare i conti con la realtà. Mi accorgo che questi giovani si concentrano sull’idea di religione, vista come insieme di norme espresse da un’istituzione chiamata Chiesa, e tralasciano il discorso sulla fede in un Dio padre che ci ha voluti per amore, che ci ha pensati proprio così come siamo, con il nostro nome, che conosce tutto di noi ed ha su ognuno un progetto buono, per il nostro bene e per la nostra felicità. Non è facile passare dall’idea di religione a quella di fede, dalla precettistica all’amore. La cultura laicista nella quale siamo inseriti non fa nulla per valorizzare il messaggio essenziale del Vangelo, ma insiste costantemente sulla religione in quanto “gabbia”, in quanto insieme di norme da superare in vista di un’ipotetica libertà. Così diventa molto faticoso mostrare il percorso di fede come un percorso di libertà, che ha come obiettivo la nostra gioia più vera e profonda, con la liberazione da tutti gli idoli mondani. In quanto genitore, e quindi educatore, questa situazione è fonte di una certa frustrazione, di un certo senso di impotenza, perché le forze in campo sembrano davvero sproporzionate e tu, per quanto cerchi di fornire un esempio di vita coerente con la fede che ti nutre, ti senti costantemente superato da un poderoso apparato culturale e massmediatico imbevuto di un illuminismo all’ingrosso. Così, è difficile anche far passare la grande proposta al centro del pontificato di Benedetto XVI, e cioè che la ragione umana è tanto più autenticamente tale quanto più si apre al trascendente e si pone le grandi domande, mentre il razionalismo esasperato, che pretende di limitare l’orizzonte affermando che la questione di Dio non è pertinente per la ragione umana, non fa crescere la persona, non la rende più libera, ma la impoverisce e la rende più vulnerabile di fronte agli attacchi delle ideologie di vario genere e colore.

lunedì 5 dicembre 2016

La veggente per cui la Polonia ha incoronato Cristo come Re.


5 dicembre 2016

 Al fine di segnare la conclusione dell’Anno della Misericordia il 20 novembre, 2016, in occasione della solennità di Cristo Re, un evento piuttosto notevole ha avuto luogo in Polonia il 19 novembre, quando il governo polacco, insieme con la gerarchia della Chiesa ha riconosciuto ufficialmente Cristo come il re di Polonia. L’atto della ricezione di Cristo come Re e Signore è stato poi ripetuto il giorno successivo in tutte le parrocchie in Polonia il 20 novembre. 

Questa iniziativa, che è stata effettuata dalla Conferenza episcopale polacca, sembra essere stato inteso come un gesto in gran parte profetico legato alla devozione della Divina Misericordia, e l’impeto iniziale per questa azione simbolica può essere saldamente attribuito a certe rivelazioni private date alla Serva di Dio [quindi si tratta di una veggente riconosciuta dalla Chiesa] Rozalia Zelkova nel 20esimo secolo, poco prima della seconda guerra mondiale. Rozalia Zelkova aveva avuto una visione in cui Cristo chiedeva di essere proclamato re dalla nazione polacca per risparmiare il paese dalla guerra imminente: ‘Se la Polonia vuole salvare se stessa, deve annunciare Gesù come suo Re attraverso l’atto di intronizzazione. Deve essere effettuata da tutta la nazione, e in particolare da parte delle autorità statali e la chiesa, che dovrebbero condurre la cerimonia, a nome della nazione.‘ 

Polonia. Atto di accoglimento di Gesù Cristo come Re e Sovrano.







Fonte: Zenith

Davanti a migliaia di fedeli da tutta la Polonia, ai vescovi polacchi, alle autorità dello Stato con il presidente, Andrzej Duda, si sono tenute lo scorso 19 novembre a Cracovia-Lagiewniki, presso il Santuario della Divina Misericordia, le celebrazioni dell’Atto di accoglimento di Gesù Cristo come Re e Sovrano, a conclusione del Giubileo straordinario della Misericordia. Oggi, domenica 20 novembre, lo stesso Atto sarà celebrato presso tutte le parrocchie della Polonia.

La Santa Messa è stata presieduta dal cardinale arcivescovo di Cracovia, Stanislaw Dziwisz: l’omelia l’ha tenuta il vescovo Andrzej Czaja di Opole, presidente del Comitato dei Movimenti di Intronizzazzione. “Non è nostro il compito di scegliere Cristo come Re, ma riconoscere la sua signoria e arrendersi alla Sua legge, affidare a Lui la nostra patria e la nazione, noi stessi e le nostre famiglie”, ha detto il vescovo Andrzej Czaja.

“Tale Atto di Accoglimento in occasione del Giubileo della Misericordia e nel 1050° anniversario del Battesimo della Polonia non può rimanere soltanto nelle cronache e negli annali”, ha aggiunto il presule, “dobbiamo svolgere un lavoro di trasformazione e regolare la nostra vita secondo la Volontà di Dio, come ci ha insegnato Gesù e il suo Vangelo”.

Mons. Czaja ha ricordato le parole di Giovanni Paolo II all’inizio del suo pontificato, ‘Spalancate le porte a Cristo per la sua potenza salvifica. Non abbiate paura’, utili – ha detto – “per confessare la fede che Gesù è il nostro Re, Signore e Salvatore”.

“Il Governo di Dio si deve realizzare oggi nel cuore degli uomini. Esiste una necessità di armonia e amore tra di noi. Abbiamo bisogno dello Spirito di Dio, lo Spirito di verità e di unità, e anche degli altri frutti dello Spirito: la bontà, la dolcezza, il controllo, la fedeltà e la pazienza”, ha sottolineato il vescovo Czaja.

In Polonia – ha proseguito – si vede la necessità di maggior rispetto per la legge di Dio. Oggi tutti dobbiamo invocare Dio e lo Spirito Santo per aprirci a Gesù, arrendersi alla sua legge e ai suoi disegni. Apriamo le porte a Gesù, alla potenza del suo amore misericordioso”.

Alla fine della Santa Eucaristia davanti al Santissimo Sacramento si è svolto quindi l’Atto di Accoglimento di Gesù Cristo come Re e Sovrano. L’atto è stato recitato dal presidente della Conferenza Episcopale Polacca, l’arcivescovo Stanislaw Gądecki.

Già l’11 ottobre in una lettera pastorale i vescovi polacchi spiegavano che “non è necessario intronizzare Cristo nel senso di elevazione al trono e dandogli il potere di essere proclamatore. Dopo tutto, egli è il Re dei re e Signore dei signori, per sempre.”

L’Atto di Accettazione di Cristo come Re e Signore in Polonia realizza l’insegnamento di Papa Pio XI, che nella sua enciclica Quas Primas sottolineava la necessità nei nostri tempi “che Cristo regni”.




domenica 27 novembre 2016

Gli uomini di buona volontà pensano ed agiscono in modo diverso.

Si è perso il senso della vita e del suo vero valore. 
Si attraversa questo passaggio esistenziale come se non ci fosse una meta. E per questo ci si chiude alla possibilità di un traguardo guadagnato con fatica e sudore. Non si vogliono affrontare i rischi e i pericoli delle proprie scelte. Non ci si vuole più impegnare per conseguire un risultato che porti a traguardi che non siano chili persi e muscoli tonici. Invece di sposarsi si preferisce convivere, invece che fare figli sin da giovani ci si chiude alla vita per assaporare i "piaceri" amari di una esistenza sterile ed egoista.
L'uomo e la donna di fede, non fanno così.




di Tommaso Scandroglio.

Il senso di liberazione che ha accompagnato molti commentatori nell’apprendere che ora la cattedra di Pietro ha indicato una strada facilitata, se non una scorciatoia, nell’assolvere il peccato di aborto e nel togliere la relativa scomunica è indice di un atteggiamento mentale abbastanza diffuso in una certa cultura contemporanea. L’atteggiamento mentale proprio dell’arrendevole, di chi appunto se può prende la via più comoda, più confortevole, più esistenzialmente ergonomica.

L’uomo postmoderno infatti da tempo ha rinunciato alla battaglia. Aspetta un bambino malato? Ricorre all’aborto. Non vuole concepire un bambino malato? Opta per la diagnosi genetica pre-impianto. Non riesce ad avere un bambino? Prende la via facile della provetta. Teme di sopportare le conseguenze negative di una sessualità nomade? Fa uso della contraccezione. Prova disagio nella sua condizione sessuale? Cambia sesso come quando si cambia scuola perchè non ci si trova bene. Ha paura di soffrire nell’ultimo tratto di vita? Sceglie l’eutanasia. Teme di sposarsi la donna o l’uomo sbagliato? Va a convivere. Litiga in famiglia o non si sente realizzato (pur avendo prima convissuto)? Divorzia. 

domenica 20 novembre 2016

20 Novembre 2016 - 23 Settembre 2017: Nel Cielo apparve un segno grandioso.





NEL CIELO APPARVE UN SEGNO GRANDIOSO”

Domenica 20 novembre 2016 ha inizio un evento astronomico che culminerà in una sorprendente coincidenza con la visione del capitolo 12, versetto 1 dell’Apocalisse: “Nel cielo apparve un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle”.
Nel giorno in cui la Chiesa cattolica celebra la Solennità di Cristo Re dell’universo, infatti, uno dei pianeti del nostro sistema solare, Giove, chiamato lui stesso dagli scienziati il “Pianeta re” in quanto più grande degli altri, entra nella costellazione della Vergine, rimanendovi fino al 23 settembre 2017, festa di san Pio da Pietrelcina. 

martedì 15 novembre 2016

Una lettera. Cinque domande sui punti più controversi di Amoris Laetitia.



                      




Oggi Sandro Magister pubblica un documento, ripreso in contemporanea su testate di tutto il mondo, contenente i "Dubia" - Dubbi inviati al Papa due mesi fa da quattro cardinali. In mancanza di risposta, esso viene reso pubblico al fine di lanciare e approfondire la riflessione sui problemi sollevati, che riguardano l'intero edificio della morale cattolica. È opportuno affermare con fermezza che non si tratta in alcun modo di un atto di ostilità nei confronti di papa Francesco né di uno scontro conservatori-progressisti.


È espressa unicamente la preoccupazione di pastori e collaboratori del Papa per la grave confusione creatasi nella Chiesa a causa di alcuni punti dell'esortazione apostolica "Amoris Laetitia" chiamati formalmente e sostanzialmente in causa.


Si tratta indubbiamente di un momento 'forte', un momento di grande afflato ecclesiale perché va riallacciato all'Appello inviato da un gruppo di 45 studiosi, prelati e sacerdoti cattolici al Collegio dei Cardinali : L’esortazione apostolica Amoris laetitia: una critica teologica [qui], con il quale è stato chiesto a Papa Francesco di “ripudiare” le ritenute “proposizioni erronee” presenti nell’Amoris Laetitia. Appello seguito dalla Dichiarazione di fedeltà all’insegnamento immutabile della Chiesa sul matrimonio e alla sua ininterrotta disciplina, sottoscritto in partenza da 80 personalità cattoliche, che ha raccolto migliaia di adesioni [qui]. Senza dimenticare la primissima autorevole richiesta di chiarimenti, quella di Mons. Athanasius Schneider : Il paradosso delle interpretazioni contraddittorie di «Amoris laetitia» [qui]. Con l'occasione rinvio all'indice delle molte riflessioni e interventi al riguardo. Qui una prima riflessione.

mercoledì 2 novembre 2016

La distruzione della famiglia.

Individualismo, consumismo, edonismo, ma non solo, i fattori della distruzione della famiglia.





La drammaticità dei dati italiani delle nascite sta finalmente imponendosi. Speriamo che ora non tutto il problema venga visto sotto la luce della mancanza di lavoro, delle insufficienti prospettive dei giovani, delle difficoltà materiali delle famiglie, dei costi di mantenimento dei figli e così via. Non perché non ci siano anche questi elementi nella patologicamente bassa natalità degli italiani, ma perché le nascite flettono tendenzialmente, salvo sobbalzi di scarsa entità e di ancor più mediocre durata, da oltre mezzo secolo a questa parte. Quando un fenomeno attraversa periodi così lunghi in cui tutte le situazioni economiche si succedono e accavallano, dalle migliori alle peggiori, senza però mai mutare la direzione di fondo, allora il segnale è chiaro: non sono quelli i fattori che più contano nel determinare quella direzione. Contano, è indubbio, ma non così tanto, non in modo così decisivo come contano altri fattori invece sin qui quasi dimenticati. Certo, i dati delle nascite cui siamo di fronte sono impressionanti. Ma non lo sono da oggi, anche se oggi si è toccato un fondo che non pensavamo mai che sarebbe stato neppure sfiorato. Lo sono da trenta anni almeno. Oggi, anzi, vengono al pettine i dati sulle nascite che da tanti, troppi anni non fanno che diminuire senza che ci si fermi a interrogarci davvero sulle cause più profonde del fenomeno. Perché il primo fattore che grava sulle così poche nascite è, intanto, un fattore strutturale: sempre meno donne, a seguito di una denatalità che viene da tanto lontano, entrano nell’età riproduttiva. E ancor meno ne entreranno nei prossimi anni. Sempre meno donne nell’età di fare figli arriveranno sulla scena riproduttiva italiana: occorre saperlo e, se possibile, cominciare ad attrezzarci per cercare di compensare questa carenza strutturale del passato, del presente e che ci accompagnerà anche nel futuro. 

giovedì 27 ottobre 2016

Il Silenzio, pegno di felicitá.

Fonte: dal web



Il silenzio è mitezza
quando non rispondi alle offese,
quando non reclami i tuoi diritti,
quando lasci la tua difesa a Dio.
Il silenzio è misericordia
quando non infierisci sulle colpe dei fratelli,
quando dimentichi senza frugare nel passato,
quando il tuo cuore non condanna, ma perdona.
Il silenzio è pazienza
quando soffri senza lamentarti,
quando non cerchi d'esser consolato, ma consoli,
quando attendi che il seme germogli lentamente.
Il silenzio è umiltà
quando accogli nel segreto il dono di Dio,
quando non opponi resistenza all'arroganza,
quando lasci ad altri la gloria e il merito.
Il silenzio è fede
quando ti fermi a contemplare il Suo volto,
quando ascolti la Sua presenza nella bufera,
quando taci, perché Egli parli al tuo cuore.
Il silenzio è adorazione
quando non chiedi il "perché" nella prova,
quando t'immergi nella sua volontà,
quando dici: "Tutto è compiuto".
(P. Frederick William Faber)
Il silenzio è come un carro di fuoco che porta l'anima al cielo come fu portato il profeta Elia.
O silenzio! felicità delle anime interiori, scala del cielo, strada del regno di Dio.
O silenzio! specchio in cui il peccatore vede i suoi peccati, principio di luce, di mitezza, di umiltà.
O silenzio! porto sicuro dove si trova la tranquillità dell'anima, scuola della lettura, dell'orazione, della contemplazione, aiuto per acquistare tutte le virtù e sorgente di ogni bene.
S. Giovanni Crisostomo





sabato 22 ottobre 2016

Ettore Gotti Tedeschi a Brescia il 7 ottobre 2016 risponde ad alcune domande.






Come si fa a cambiare l'uomo?
Attraverso la Chiesa, come sta scritto nell'enciclica Lumen Fidei. 
E la Chiesa come opera il cambiamento?
Attraverso il Magistero (quello con la M maiuscola), la preghiera, i sacramenti (quelli descritti bene da Don Nicola Bux nel suo libro "Non si scherza con i sacramenti").
Ettore Gotti Tedeschi 
(Brescia, 8 ottobre 2016)
Un'intervista ricca di contenuti e di spunti per una riflessione personale.

domenica 16 ottobre 2016

Dialogo o predicazione del Vangelo?


Gesù “dialogava” col mondo, quando diceva: andate, maledetti, nel fuoco eterno?

di Francesco Lamendola - 13/10/2016
C’è una parola-chiave, nella teologia e, purtroppo, anche nella pastorale neomodernista, che si è intrufolata nella Chiesa dopo il Concilio Vaticano II; una parola talmente abusata, talmente inflazionata, eppure, allo stesso tempo, talmente suggestiva e quasi ipnotica, almeno per quel genere di cattolici progressisti e al passo coi tempi nuovi, da avere ormai acquisito, nel giro di qualche anno, lo statuto di una verità auto-evidente, non bisognosa di ulteriori spiegazioni, anzi, al contrario, capace di spiegare essa, ed essa sola, con la forza prodigiosa che sprigiona, molte altre cose, al punto che non si saprebbe più immaginare una omelia, un catechismo, un documento pontificio, nel quale essa non ricorra o non sia, quanto meno, sottintesa: la parola dialogo.
Strano a dirsi – ma neanche poi tanto, se ben vi si riflette – questa parola magica, questa parola taumaturgica, questa parola passe-partout, grazie alla quale si chiariscono tutte le perplessità, si sciolgono tutti i dubbi e si superano tutti gli ostacoli - almeno finché si resta nel regno delle chiacchiere, e ci si guarda bene dallo scendere nel mondo basso e volgare della realtà concreta), non si trova affatto nella teologia e nella pastorale pre-conciliari: semplicemente, la dottrina cattolica non l’ha mai conosciuta, non l’ha mai adoperata, insomma ne ha fatto bellamente a meno per qualcosa come duemila anni. Non la si trova nemmeno nel Vangelo, e, in generale, nel Nuovo Testamento; meno ancora nell’Antico. Insomma la Bibbia non l’adopera: non l’adopera Gesù Cristo, non l’adopera San Paolo, non l’adoperano gli Apostoli, né la Madonna, o i Profeti, o i Patriarchi, o il grande precursore, Giovanni Battista, né gli Angeli e neppure Dio Padre. Non l’adoperano nemmeno S. Agostino, San Tommaso d’Aquino e i grandi teologi; non l’adoperano i santi e le sante; non l’adoperano i martiri. Vorrà pur dire qualcosa.

giovedì 28 luglio 2016

Il senso del TERZO Comandamento.



                                 


Il terzo comandamento obbliga i fedeli a santificare il giorno del Signore. Nella versione originaria, contenuta nel libro dell’Esodo, è l’unico comandamento, oltre al primo, a non avere semplicemente una formulazione imperativa, ma ad essere dettagliatamente articolato per una più perfetta comprensione del suo contenuto: “Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro” (Es 20,8-11). Santificare il Sabato, secondo il testo biblico, significa dunque fondamentalmente astenersi dalle fatiche del lavoro, in ricordo del “riposo” di Dio dopo la creazione del mondo. Sappiamo bene quanto Gesù dovette lottare con i suoi contemporanei che avevano fatto del precetto del riposo sabbatico una sorta di vero e proprio “incubo” (tuttora constatabile negli ambienti dell’ebraismo di stretta osservanza), attraverso interpretazioni ad litteramdel tutto errate quando non proprio assurde: Gesù fu rimproverato in più circostanze di fare miracoli in giorno di Sabato e fu sgridato perché i suoi apostoli, stanchi e affamati, coglievano le spighe di grano per mangiarle. Vedendo tali comportamenti del tutto formalistici e esteriori, che avevano completamente travisato lo spirito del precetto, il Signore ebbe a pronunciare con estrema perentorietà il celebre aforisma: “Dio ha fatto il Sabato per l’uomo e non l’uomo per il Sabato” (Mc 2,27), dando così a intendere che il precetto del riposo settimanale e della santificazione del giorno del Signore deve essere vissuto nella gioia e nella libertà dei figli di Dio ed è finalizzato ad alimentare tali disposizioni, perfettamente degne dell’uomo e consone ai suoi più profondi bisogni.
Il senso di questo comandamento è più profondo di quanto sembra a prima vista e lo si comprende proprio interpretando rettamente il divieto di dedicarsi alle “fatiche del lavoro”.

martedì 21 giugno 2016

Il Card. Cañizares spiega che è suo compito dire la verità, anche se “politicamente scorretta”





All’offesa contro la religione, i cattolici rispondono in forze, con la preghiera. Il card. Cañizares, recentemente attaccato, spiega che è suo compito dire la verità, anche se “politicamente scorretta”

Fonte: Zenit

La Chiesa militante è ancora viva. Lo hanno dimostrato non con sterili profluvi di parole, ma con una testimonianza visibile e massiccia, scandita dalla preghiera, i migliaia di cattolici scesi in strada a Valencia, giovedì scorso, ad onorare Maria Santissima.

Si sono riuniti nel tardo pomeriggio in Piazza della Vergine, rispondendo così alla convocazione del loro Arcivescovo, il card. Antonio Cañizares Llovera, di un atto di riparazione nel quale si è pregato il Santo Rosario, seguito da una Messa celebrata nella Cattedrale della città.

Il porporato ha deciso di mobilitare in questo raduno spirituale i fedeli della diocesi dopo che, nei giorni scorsi, sui muri della città spagnola erano apparsi dei manifesti blasfemi, che ritraevano un bacio tra la Virgen de los Desamparados e la Virgen de Montserrat (due Madonne particolarmente venerate a Valencia e in Catalogna) con la frase “Contro la sacra oppressione. Ama come ti pare”.

sabato 14 maggio 2016

Non scendere ad accomodamenti o compromessi.



Radiomessaggio natalizio di Sua Santità Giovanni XXIII
ai fedeli e ai popoli del mondo intero,

(…) Ecco l'uomo, ecco il credente in faccia alla verità, che si impone suaviter et fortiter, con soavità e fermezza.

Le parole di Cristo mettono infatti ogni uomo di fronte alla sua responsabilità, di accettare cioè o di respingere la verità; invitando ciascuno con forza suadente a stare nel vero, a nutrire i propri pensieri di verità, ad agire secondo la verità.

Questo messaggio augurale, che amiamo portarvi, è pertanto un richiamo solenne a vivere in essa, secondo il quadruplice dovere di pensare, onorare, dire e farela verità. Tale dovere scaturisce in modo chiaro e incontrovertibile dalle parole del Libro Sacro, che vi abbiamo ricordate, dall'armonia, piena di soavi e anche di severe rispondenze, dell'Antico e del Nuovo Testamento.

E dunque anzitutto pensare la verità: avere idee chiare sulle grandi realtà divine e umane, della Redenzione e della Chiesa, della morale e del diritto, della filosofia e dell'arte. Avere idee giuste, o cercare di formarsele con senso di coscienziosità e di retta intenzione.

Si assiste purtroppo, pressoché quotidianamente, a una sconcertante leggerezza nel riferire o dissertare su argomenti, in una forma che denotal'impreparazione — è il meno che si possa dire — di chi si assume questi compiti. Per questo, in un Nostro recente discorso inteso alla salvaguardia dell'istituto familiare, abbiamo invitato «quanti hanno volontà e mezzi per influire sulla pubblica opinione, affinché i loro interventi siano sempre di chiarificazione, non di confusione delle idee; di rettitudine, di rispetto» [alla S. Romana Rota, 25 ottobre 1960; A. A. S. LII (1900), p. 901.].

Onorare la verità. È invito ad essere di esempio luminoso in tutti i settori della vita individuale, familiare, professionale e sociale. La verità ci rende liberi (Giov.8-31,32); essa nobilita chi la professa apertamente e senza rispetti umani. Perché adunque aver timore di onorarla e di farla rispettare? Perché scendere ad accomodamenti con la propria coscienza, accettando compromessi stridenti con la vita e la pratica cristiana, quando invece solo chi ha la verità dovrebbe essere convinto di avere con sé la luce, che dissipa ogni tenebra, e la forza trascinatrice che può trasformare il mondo? Non è colpevole soltanto chi deliberatamente sfigura la verità, ma lo è altrettanto chi, per timore di non apparire completo e moderno, la tradisce con l'ambiguità del suo atteggiamento.
Onorare dunque la verità con la fermezza, il coraggio, la consapevolezza di chi possiede forti convincimenti.


Parte la crociata Lgbt all'assalto della Chiesa.




di Riccardo Cascioli
09-05-2016

È primavera e nella Chiesa pare proprio sbocciato l’amore, ma quello omosessuale. Dal centro alla periferia ormai è tutto un inno ai rapporti gay. Non si fa in tempo a stupirsi del nuovo spazio dedicato dal settimanale diocesano Verona Fedele alla nuova rubrica “La Porta Aperta”, che debutta l’1 maggio con un’intervista-propaganda a una persona omosessuale che decanta il suo amore, che il 3 maggio si scoprono porte aperte anche all’Osservatore Romano che lancia il suo nuovo magazine dedicato alle donne. 

Il giornale vaticano ovviamente è molto più prudente, ma per valorizzare «quella rivoluzione intellettuale che le donne hanno operato nella cultura cattolica a cominciare dal secolo scorso» assolda in redazione intellettuali cattoliche del peso di Daria Bignardi, attuale direttore di Rai 3, firmataria dell’appello al parlamento del 21 febbraio scorso in favore delle unioni gay, e Melania Mazzucco, autrice del libro “Sei come sei”, in cui si racconta in modo particolareggiato come un adolescente scopre e sperimenta la sua omosessualità (clicca qui). Come si ricorderà il libro divenne un caso perché fu adottato al liceo Giulio Cesare di Roma, provocando una dura reazione da parte di alcuni studenti e genitori (clicca qui). 

Lo sdoganamento dunque è soft ma si può scommettere su prossime più ampie aperture, anche perché nel frattempo sta aprendo la strada a tappe forzate il quotidiano della CEI, Avvenire, che dopo le puntate precedenti (clicca qui), sabato 7 maggio si è spinto ancora più in là nel promuovere il comportamento omosessuale. Una pagina dedicata a “Chiesa e cristiani Lgbt”, prendendo spunto dal IV Forum dei cristiani Lgbt che si è tenuto a fine aprile ad Albano Laziale, per sostenere la necessità di progetti pastorali ad hoc che favoriscano la piena accoglienza non già delle persone con tendenze omosessuali (che non è mai stata negata) ma dell’omosessualità in quanto tale. 

mercoledì 11 maggio 2016

Arte sacra, il declino del gusto estetico.



“Nell’ arte sacra possiamo serenamente parlare, salve eccezioni, di un declino del buon gusto”. Lo dice il noto storico dell’ arte e critico, il professore alsaziano Philippe Daverio.





Professor Daverio, possiamo sostenere che le nuove chiese non brillano per senso estetico?


“Nell’arte sacra, oggi, è corretto parlare, fatte le debite eccezioni, di un declino del gusto estetico. Anzi direi che in molti casi prevale persino il brutto. Tutto questo rientra in un generale declino del senso estetico e si collega ad alcuni fattori”.

Quali?

” Il principale motivo di questo è che i committenti spesso non hanno le idee chiare su quello che vogliono e allora lasciano fare o danno campo libero agli architetti che talora non sono neppure credenti anche se questo non ha molta rilevanza. Un altro motivo è il calo generale del senso del sacro nella società e nel nostro tempo, Chiesa cattolica inclusa. In pratica si ritiene, sbagliando, che la sacra pompa o il lusso siano da evitare e che il decoro estetico appartenga al passato. E così prevale un insidioso minimalismo livellato al basso”.

LA FRANCIA CATTOLICA SI RIPRENDE L’ANELLO DI GIOVANNA D’ARCO.




(Lettera Napoletana)
L’anello di Giovanna d’Arco, indossato dalla Santa al momento del martirio, il 30 maggio 1431 a Rouen (Francia), è stato acquistato ad un’asta a Londra da Philippe de Villiers, Visconte vandeano e fondatore del Puy du Fou, parco a tema sull’epopea contro-rivoluzionaria della regione nord-occidentale della Francia, creato in Vandea nel 1978.

Appresa la notizia dell’asta, in pochi giorni de Villiers ed il figlio Nicolas sono riusciti a raccogliere con una sottoscrizione oltre 300mila euro, provenienti da contributi di privati, mentre la Fondazione Puy du Fou ha contribuito con 80mila euro, e ad aggiudicarsi la straordinaria reliquia per 376mila euro.

lunedì 2 maggio 2016

La profezia di Ratzinger









MARCO BARDAZZI


Una Chiesa ridimensionata, con molti meno seguaci, costretta ad abbandonare anche buona parte dei luoghi di culto costruiti nei secoli. Una Chiesa cattolica di minoranza, poco influente nella scelte politiche, socialmente irrilevante, umiliata e costretta a “ripartire dalle origini”.

Ma anche una Chiesa che, attraverso questo “enorme sconvolgimento”, ritroverà se stessa e rinascerà “semplificata e più spirituale”. E’ la profezia sul futuro del cristianesimo pronunciata oltre 40 anni fa da un giovane teologo bavarese, Joseph Ratzinger. Riscoprirla oggi aiuta forse a offrire un’ulteriore chiave di lettura per decifrare la rinuncia di Benedetto XVI, perché riconduce il gesto sorprendente di Ratzinger nell’alveo della sua lettura della storia.


La profezia concluse un ciclo di lezioni radiofoniche che l’allora professore di teologia svolse nel 1969, in un momento decisivo della sua vita e della vita della Chiesa. Sono gli anni turbolenti della contestazione studentesca, dello sbarco sulla Luna, ma anche delle dispute sul Concilio Vaticano II da poco concluso. Ratzinger, uno dei protagonisti del Concilio, aveva lasciato la turbolenta università di Tubinga e si era rifugiato nella più serena Ratisbona. 

domenica 1 maggio 2016

Preghiera a San Giuseppe





Ti saluto o glorioso giglio di fragrante odore,
ti saluto o maestoso e incorruttibile talamo d’amore,
ti saluto o tutto puro e santo,
ti saluto padre di Colui che è il Sommo Pontefice dell’Universo,
ti saluto custode dell’Arca dell’Alleanza che ospitava nel suo grembo immacolato, l’autore della vita e creatore degli uomini,
saluto il tuo Cuore, giaciglio e ristoro del Cuore del figlio dell’Onnipotente,
saluto il tuo cuore, oggetto delle verginali delizie del Sacro cuore di Gesù e del Cuore Immacolato di Maria,
saluto il tuo cuore, specchio delle divine perfezioni,
saluto il tuo cuore, riparo di chi di te si affida,
saluto le tue possenti braccia, che hanno custodito il creatore del cielo e della Terra,
saluto le tue possenti braccia, che hanno protetto tante volte la vita di Maria e di Gesù,
saluto le tue possenti braccia, che hanno lavorato instancabilmente, per dare una vita degna alla tua Sacra Famiglia,
saluto le tue gambe e tuoi piedi, che hanno percorso tanta strada per soddisfare la tua chiamata al servizio di Dio, amando, proteggendo e custodendo il suo Figlio Unigenito la sua Santissima Madre,
Saluto le lacrime hai versato nella tua vita, per amore della tua amatissima sposa e del tuo amatissimo Figlio.
O glorioso Patriarca, o tu che sei il porto di salvezza per coloro che vivono nel peccato, avvolgici con il tuo sacro manto, simbolo della tua paterna protezione e intercedi presso il figlio tuo, per ottenere al mondo intero pace e gioia.
Il tuo Cuore Castissimo, tempio dello Spirito Santo, sia per noi sicuro rifugio in questa valle di lacrime e ci ottenga da Dio nostro Padre, la grazia di vivere diventando un prolungamento della vita di Gesù, Signore nostro.
Tutto il tuo essere, spirito, anima e corpo, erano tutti protesi verso Dio, per questo ti preghiamo, affinché ogni uomo e donna siano rivestiti delle tue virtù, perché imitandoti, possiamo meritare il premio eterno.
Gli angeli e i santi, in cielo, cantano le tue lodi e il tuo nome santo è onorato e veneratocon grande gioia e noi ci uniamo al coro dei santi abitatori del paradiso e rendiamo grazie alla Santissima Trinità, per le grazie che ti ha concesso in vita e per l’altissimo grado di santità che ti ha riservato nel suo santo Regno. Dopo Maria Santissima, tu sei il santo più degno della nostra lode e venerazione  e  giustamente la Chiesa, ti ricorda con il titolo di “ il più santo dei santi”.
Glorioso patriarca d’amore san Giuseppe, noi confidiamo e speriamo in te!
Cuore Castissimo di san Giuseppe, ti preghiamo di accendere in noi, la fiamma d’amore del Sacro Cuore di Gesù, perché possiamo amare Dio, come Lui ama noi.
Santissimi Cuori uniti e trionfanti di Gesù, Maria e Giuseppe, vi lodiamo e vi benediciamo. Fate bruciare la fiamma del vostro amore, nel nostro cuore.

Fabrizio Medici

La santificazione del lavoro e la cristianizzazione della società


Questo articolo sul lavoro approfondisce il principale messaggio di san Josemaría: il proprio lavoro ben fatto e offerto al Signore è un mezzo per avvicinarsi a Dio e cristianizzare la società.

                               









fonte: Opus Dei

Le luci e le ombre del periodo che stiamo vivendo sono sotto gli occhi di tutti. I progressi umani e le piaghe che li infettano, il progresso civile sotto molti aspetti e la barbarie sotto altri...: sono contrasti che tanto san Giovanni Paolo II quanto i suoi successori hanno segnalato ripetutamente[1], invitando i cristiani a illuminare la società con la luce del Vangelo. Tuttavia, anche se tutti noi siamo chiamati a trasformare la società secondo la Volontà di Dio, non tutti sanno come farlo. Pensano che questo sia un compito pressoché esclusivo dei governanti o di chi ha la possibilità di esercitare un'influenza dovuta alla posizione sociale o economica, mentre essi possono fare soltanto da spettatori: applaudire o fischiare, ma senza entrare sul terreno di gioco, senza intervenire nella partita.

L'atteggiamento di un cristiano non può essere questo, perché non ha nulla a che vedere con la vocazione alla quale è chiamato.

Il Signore vuole che noi cristiani – poiché abbiamo la responsabilità soprannaturale di cooperare con il potere di Dio, visto che Egli così ha disposto nella sua infinita misericordia – ci adoperiamo per ristabilire l'ordine sconvolto e restituire alle strutture temporali, in tutte le nazioni, la loro funzione naturale di strumento per il progresso dell'umanità, e la loro funzione soprannaturale di mezzo per arrivare a Dio, grazie alla Redenzione[2].

1° maggio, si festeggia San Giuseppe lavoratore.



Il 1° maggio si celebra San Giuseppe lavoratore, mentre il 19 marzo si festeggia sempre san Giuseppe ma come Sposo della Vergine Maria. Secondo il Nuovo Testamento, Giuseppe è lo sposo di Maria e il padre putativo di Gesù (Luca 3,23), in quanto il Cristianesimo afferma che il vero padre di Gesù è Dio stesso: l'arcangelo Gabriele, mandato dal Signore, apparve alla giovane Vergine Maria che era promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. Venuto a conoscenza dell'avvenimento miracoloso da una visione avuta in sogno, Giuseppe accettò di sposare Maria e di riconoscere Gesù come proprio figlio. Giuseppe e Maria si spostarono poi dalla città Nazareth a Betlemme, per il censimento, dove venne alla luce il piccolo Gesù. 
La Sacra Famiglia rimase a Betlemme fin quando un angelo apparve in sogno a Giuseppe preannunciando la persecuzione del re Erode che, dopo aver udito il racconto dei Magi, voleva uccidere tutti i bambini maschi nati a Betlemme per liberarsi dal futuro "re dei Giudei". Così la famiglia scappò in Egitto dove vi rimase in esilio per un certo periodo di tempo, trascorso il quale il Signore inviò un Suo messaggero a Giuseppe ordinandogli di fare ritorno a Nazareth perché Erode era morto. Dal Vangelo di Matteo (13,55) si apprende che Giuseppe era un "lekton", termine che in greco veniva usato per descrivere gli operatori impegnati in quelle attività economiche legate all'edilizia e quindi pare che l'uomo provenisse da una famiglia benestante.

domenica 24 aprile 2016

800.969.878 - Primo Numero Verde Nazionale per curare la ferita dell'aborto.



Un Numero di telefono aperto a tutti e in tutto il territorio nazionale per parlare della ferita dell'aborto. Non lasciamoci scoraggiare, non lasciamoci andare.


È stato presentato a Milano, giovedì 14 aprile, il progetto "Fede e Terapia" , promosso dall'Associazione "Difendere la vita con Maria" di Novara su tutto il territorio nazionale: l'obiettivo è l'accompagnamento delle famiglie che devono fare i conti con una genitorialità ferita, come nel caso dell'aborto. 



Il numero verde 800 969 878 è attivo 24 ore al giorno



di Francesco Morrone 

La perdita di un figlio, in qualsiasi modo avvenga, richiede sempre un’elaborazione molto complicata e dolorosa. Sia che si tratti di un aborto procurato, di uno spontaneo oppure di una morte prenatale. Un episodio emblematico è quello di una donna che decise di abortire il terzo figlio perché concepito in un momento difficile per tutta la famiglia. Una sera, a nove anni di distanza, quando i problemi sembravano ormai alle spalle, seduta sul divano di casa, quella donna improvvisamente si è chiesta: “Mio Dio, cos’ho fatto?”. 
Ecco allora che quella ferita in apparenza guarita si riapre e torna a far male. In Italia sono tantissime le famiglie che vivono storie come questa e che non sanno con chi confidarsi. Adesso c’è un numero verde (800 969 878) a cui poterle raccontare senza alcun pudore né vergogna. Si può chiamare per chiedere perdono, o più semplicemente per ricevere un consiglio. 
Questo nuovo servizio è fornito dall’Associazione “Difendere la vita con Maria” , che lo ha inaugurato a novembre scorso e lo ha esteso a tutto il territorio nazionale. Dall’altra parte della cornetta, per 24 ore al giorno, c’è un’équipe di volontari che ascolta con attenzione le storie di queste persone.
E in tanti, quando chiamano, ammettono di vergognarsi o di sentirsi a disagio a raccontare al telefono certe cose. Accanto al gruppo di volontari, lavora in silenzio anche una rete nazionale di professionisti, fatta di sacerdoti, psicologi, psicoterapeuti e ginecologi. Tutti insieme per stare accanto a chi ha vissuto il dramma dell’aborto, e continua a soffrirne. Fede e terapia.
“Chi ha abortito – ha spiegato monsignor Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara e vicepresidente per l’Italia settentrionale della Conferenza episcopale italiana – soffre profondi sensi di colpa, da cui è necessario guarire. Questa cura, però, non porta a una piena guarigione se non si apre il cuore alla dimensione spirituale e cristiana”.
Il progetto, presentato giovedì 14 aprile nella sede milanese del quotidiano Avvenire, si chiama “Fede e Terapia” e si propone di offrire un percorso di accompagnamento alle famiglie che devono fare i conti con una genitorialità ferita. Si tratta di un programma che nasce dalla ventennale esperienza dell’Associazione “Difendere la vita con Maria” , fondata a Novara e riconosciuta dall’ordinario diocesano nel 2004, che da anni si occupa di dare sepoltura ai bimbi non nati a causa di aborti. 
“Con questo numero verde – ha raccontato Carlo Casini, presidente onorario del Movimento per la vita – vogliamo continuare a salvare molte vite umane, tentando di offrire il perdono a tutti coloro che hanno attraversato l’incubo dell’aborto. Le telefonate che riceviamo sono per lo più notturne e anonime, segno che molti hanno difficoltà e timore a parlare del proprio calvario. Ma non dobbiamo dimenticare che siamo nell’anno della Misericordia e che non bisogna mai stancarsi di chiedere perdono”.
La sofferenza dei papà. A rivolgersi all’assistenza del numero verde non sono soltanto le donne. Ci sono anche tanti uomini che non riescono a elaborare il lutto e che si domandano senza pace che fine abbia fatto il loro bambino. Secondo i dati dell’associazione, il 41% di chi telefona è composto dai papà. E loro, si sa, sono tendenti per natura a seppellire il dolore, a nasconderlo più che condividerlo. 

“Con gli uomini bisogna tentare un approccio diverso – precisa don Maurizio Gagliardini, presidente dell’Associazione Difendere la vita con Maria – perché hanno un’emotività diversa rispetto alle donne. Anche loro però vengono travolti dal dolore provocato dalla perdita di un figlio, ed è attraverso un lavoro di squadra che cerchiamo di affrontare il disagio che li tormenta”. 

La chiave, in molti casi, è riuscire a passare dal senso di colpa al senso del peccato. Stabilendo un percorso di razionalizzazione che permetta alle famiglie di condividere il dolore insieme agli operatori. Ma a causa di pregiudizi e luoghi comuni, non sempre questo passaggio avviene con spontaneità. “La nostra società – spiega ancora monsignor Brambilla, che ha scritto l’introduzione al manuale in uso tra gli operatori del numero verde – di solito non riconosce l’aborto come una perdita. Spesso, anzi, viene considerato come una ‘non­esperienza’. 

Il problema della cultura dominante è che conaidera l’aborto come la aoluzione di un problema, ignorando che invece è la causa di enormi disagi”.

Fonte: Agenzia SIR

venerdì 8 aprile 2016

Sintesi dell'Esortazione "Amoris Laetitia".





Tradotta da un lavoro del noto blog Rorate Caeli.

Non è un caso che Amoris Laetitia (AL), l’esortazione post-sinodale “sull’amore nella famiglia", sia stata firmata il 19 marzo, solennità di San Giuseppe. Essa riunisce i risultati dei due Sinodi sulla famiglia convocati da Papa Francesco nel 2014 e 2015. Si citano spesso le loro relazioni finali come pure sono citati i documenti e gli insegnamenti dei suoi predecessori e le sue stesse, numerose catechesi sulla famiglia. Inoltre, come in precedenti documenti magisteriali, il Papa si avvale anche dei contributi di varie Conferenze episcopali di tutto il mondo (Kenya, Australia, Argentina...) e cita figure significative come Martin Luther King ed Erich Fromm. Il Papa cita anche il film “La Festa di Babette” per illustrare il concetto di gratuità.
Introduzione (1-7)
L'Esortazione apostolica colpisce per la sua ampiezza e dettaglio. I suoi 325 punti sono distribuiti su nove capitoli. I sette paragrafi introduttivi denotano la complessità di un argomento su cui c’è urgente bisogno di uno studio approfondito. Gli interventi dei Padri sinodali compongono una "gemma sfaccettata" (AL 4), un prezioso poliedro, il cui valore deve essere preservato. Ma il Papa avverte che "non tutte le discussioni su questioni dottrinali, morali o pastorali hanno bisogno di essere risolte dagli interventi del magistero". In effetti, per alcune domande, "ogni paese o regione… possono cercare soluzioni più adatte alla propria cultura e sensibili alle sue tradizioni ed esigenze locali. Poiché 'le culture sono in realtà molto diverse, ogni principio generale... ha bisogno di essere “inculturato”, per essere rispettato e applicato’” (AL 3). Questo principio di “inculturazione” si applica al modo in cui i problemi sono formulati e affrontati e, a parte le questioni dogmatiche che sono state ben definite dal Magistero della Chiesa, nessuno di questi approcci può essere "globalizzato". Nel suo discorso alla fine del Sinodo del 2015, il Papa ha detto molto chiaramente: "Ciò che sembra normale per un vescovo in un continente, è considerato strano e quasi scandaloso - quasi! - per un vescovo di un altro continente; quello che è considerato una violazione di un diritto in una società è una regola evidente e inviolabile in un’altra; ciò che per alcuni è la libertà di coscienza, per altri è semplicemente la confusione".

Il Papa afferma chiaramente che abbiamo bisogno prima di tutto di evitare una giustapposizione sterile tra le esigenze di cambiamento e l'applicazione generale di norme astratte. Egli scrive: "I dibattiti svolti nei media, in alcune pubblicazioni e anche tra i ministri della Chiesa, vanno da un desiderio smodato di cambiamento totale senza riflessione o sufficiente adattamento, ad un atteggiamento che vorrebbe risolvere tutto applicando regole generali o indebite conclusioni di particolari considerazioni teologiche" (AL 2).

Capitolo Uno: "Alla luce della Parola" (8-30)

lunedì 4 aprile 2016

La nostra arma è la preghiera.

Conoscere Don Dolindo Ruotolo. (1882-1970)



Siamo troppo abituati a confondere il soprannaturale con ciò che è straordinario, e perciò non diamo importanza ai continui interventi soprannaturali che sono frutto della preghiera.

Un miracolo è uno straordinario intervento soprannaturale che può ottenersi solo con una grande fede, subordinatamente ai disegni della divina volontà; una grazia è un intervento soprannaturale più ordinario, ma è un fatto soprannaturale ottenuto parimenti con la preghiera.

Se io prego, per esempio, per ritrovare un oggetto perduto, e lo ritrovo per un lume interno che me lo fa ricercare dove non supponevo che fosse, quel lume non è un miracolo ma un intervento soprannaturale.

Se una volontà è ostinata ed io prego per vincerla, la vittoria che riporto su di essa non è un miracolo ma è frutto di una grazia soprannaturale. La preghiera è, quindi, un mezzo potente per le battaglie continue della vita, perché ci procura gli aiuti di Dio, di Maria Santissima e dei santi, e ci fa vincere le difficoltà o i pericoli della nostra giornata terrena che non sono pochi.

Se preghiamo, poi, per gli altri, noi combattiamo per loro, perché li aiutiamo a vincere gli ostacoli e le difficoltà della vita.

Se sapessimo pregare vivremmo in tutto soprannaturalmente, con gli occhi a Dio e con le mani nelle sue mani. Noi, invece, vogliamo ostinatamente appellarci alle iniziative, alla prudenza, ai ragionamenti ed alle forze naturali, e trascuriamo la preghiera, quasi fosse una cosa oziosa.

Milizia è la vita dell'uomo sulla terra, perché è un continuo combattimento; 
ora, l'arma di questi combattimenti è la preghiera. 
Se manca questa grande arma siamo sopraffatti dai pericoli che c'incombono, e siamo impotenti di fronte alle forze che ci travolgono.

Italia Cristiana alle Comunali di Roma





Fabrizio Verduchi illustra alcune proposte come candidato sindaco di Roma per le Elezioni Comunali 2016

giovedì 17 marzo 2016

Ambientalismo, nuova religione mondiale




di Andrea Zambrano
17-03-2016

Caustico, ma rigoroso. L'economista Ettore Gotti Tedeschi ha appena dato alle stampe “Un mestiere del diavolo” (scritto con Paolo Gambi per l’editore Giubilei Regnani). Già parlare del diavolo in questa confusa contemporaneità è cosa assai impopolare. Peggio ancora se al principe delle tenebre si attribuisce una prerogativa sostanzialmente umana: quella della pensione. Eh sì, perché secondo l’ex presidente dello Ior, che da molti anni ormai si interroga con curiosità e competenza sulla crisi morale e di fede dell'umanità, ormai a Satana non resta un gran lavoro perché il grosso del suo sforzo, quello di perdere le anime, lo ha già fatto. Gotti Tedeschi lo chiama il grande pensionato e in questo libro intervista non esita a individuare i campi in cui la mano potente dell’angelo ribelle è intervenuta per distruggere e confondere le acque con ricadute sociali devastanti. La Bussola lo ha intervistato.

Professore, il tema centrale del libro è il demonio e l’influsso che questi ha avuto sulla nostra società. Allora esiste “ancora”?

Non solo esiste “ancora”, ma il suo influsso è talmente potente da riuscire a confondere la sua esistenza, facendo “razionalmente” pensare che non esiste né lui, né il peccato. Pertanto la confessione è inutile. E’ così che cresce il “riscaldamento globale”, quello vero…

Chi sono stati i suoi alleati?

venerdì 12 febbraio 2016

La famiglia vista da un economista - Ettore Gotti Tedeschi


Condivido questo video tratto dal convegno promosso dall'associazione Papa Giovanni XXIII nel quale, il famoso economista, evidenzia i punti salienti attraverso i quali la famiglia oggi è - di fatto- combattuta in tutto l'occidente.

venerdì 29 gennaio 2016

MARCIA PER LA VITA: ROMA 8 MAGGIO 2016



ROMA, DOMENICA 8 MAGGIO 2016

PARTECIPA ANCHE TU!



Fonte: Marcia per la Vita

Gli attacchi alla vita umana innocente sono sempre più numerosi e nuovi strumenti di morte minacciano la sopravvivenza stessa del genere umano: Ru486, Ellaone, pillola del giorno dopo ecc.

Da oltre trent’anni una legge dello Stato (la 194/1978) regolamenta l’uccisione deliberata dell’innocente nel grembo materno e i morti si contano a milioni.

La ​Marcia per la Vita è il segno dell’esistenza di un popolo che non si arrende e vuole far prevalere i diritti di chi non ha voce sulla logica dell’utilitarismo e dell’individualismo esasperato, sulla legge del più forte.

Con la Marcia per la Vita intendiamo:
affermare la sacralità della vita umana e perciò la sua assoluta intangibilità dal concepimento alla morte naturale, senza alcuna eccezione, alcuna condizione, alcun compromesso;
combattere contro qualsiasi atto volto a sopprimere la vita umana innocente o ledere la sua dignità incondizionata e inalienabile.

Per questo:
chiamiamo a raccolta tutti gli uomini di buona volontà per difendere il diritto alla vita come primo dei principi non negoziabili, iscritti nel cuore e nella ragione di ogni essere umano e -per i cattolici – derivanti anche dalla comune fede in Dio Creatore;
esortiamo ogni difensore della vita a reagire, sul piano politico e culturale, contro ogni normativa contraria alla legge naturale, e contro ogni manipolazione mediatica e culturale che la sostenga. E qualora ci si trovi nella impossibilità politica di abolire tali leggi per mancanza di un consenso popolare sufficiente, ci si impegna a denunciarne pubblicamente l’intrinseca iniquità, che le rende non vincolanti per le coscienze dei singoli.
La sesta edizione della marcia sarà a Roma, centro della cristianità e del potere politico. Le strade della capitale sono state attraversate, anche recentemente, da numerosi cortei indecorosi e blasfemi; il nostro corteo vuole invece affermare il valore universale del diritto alla vita e il primato del bene comune sul male e sull’egoismo.

L’iniziativa sarà una “marcia” e non una processione religiosa e come tale aperta anche ai pro life non credenti e a tutti i gruppi che potranno partecipare con i loro simboli ad esclusione di quelli politici.

Abbiamo però bisogno dell’aiuto di tutti!
Con la preghiera, che smuove le montagne (1 Cor. 13,2) e vince ogni difficoltà
Con la costituzione, in ogni città italiana, di centri locali che ci aiutino sul piano organizzativo (fotocopiando e diffondendo materiale, organizzando pullman per venire a Roma, preparando striscioni, bandiere, cartelli…)
Con il sostegno economico che può moltiplicare le nostre possibilità. Si può versare un contributo sul conto corrente postale allegato oppure tramite bonifico bancario a:






Comitato per la Marcia Nazionale per la Vita :
Banca Etruria,
Iban: IT26 M053 9003 2170 0000 0092 314
Bic: ARBAIT33134

Chiunque volesse aiutare e per qualsiasi informazione scrivere a: info@marciaperlavita.it, oppure telefonare a : 06-3233370 / 06-3220291