domenica 24 aprile 2016

800.969.878 - Primo Numero Verde Nazionale per curare la ferita dell'aborto.



Un Numero di telefono aperto a tutti e in tutto il territorio nazionale per parlare della ferita dell'aborto. Non lasciamoci scoraggiare, non lasciamoci andare.


È stato presentato a Milano, giovedì 14 aprile, il progetto "Fede e Terapia" , promosso dall'Associazione "Difendere la vita con Maria" di Novara su tutto il territorio nazionale: l'obiettivo è l'accompagnamento delle famiglie che devono fare i conti con una genitorialità ferita, come nel caso dell'aborto. 



Il numero verde 800 969 878 è attivo 24 ore al giorno



di Francesco Morrone 

La perdita di un figlio, in qualsiasi modo avvenga, richiede sempre un’elaborazione molto complicata e dolorosa. Sia che si tratti di un aborto procurato, di uno spontaneo oppure di una morte prenatale. Un episodio emblematico è quello di una donna che decise di abortire il terzo figlio perché concepito in un momento difficile per tutta la famiglia. Una sera, a nove anni di distanza, quando i problemi sembravano ormai alle spalle, seduta sul divano di casa, quella donna improvvisamente si è chiesta: “Mio Dio, cos’ho fatto?”. 
Ecco allora che quella ferita in apparenza guarita si riapre e torna a far male. In Italia sono tantissime le famiglie che vivono storie come questa e che non sanno con chi confidarsi. Adesso c’è un numero verde (800 969 878) a cui poterle raccontare senza alcun pudore né vergogna. Si può chiamare per chiedere perdono, o più semplicemente per ricevere un consiglio. 
Questo nuovo servizio è fornito dall’Associazione “Difendere la vita con Maria” , che lo ha inaugurato a novembre scorso e lo ha esteso a tutto il territorio nazionale. Dall’altra parte della cornetta, per 24 ore al giorno, c’è un’équipe di volontari che ascolta con attenzione le storie di queste persone.
E in tanti, quando chiamano, ammettono di vergognarsi o di sentirsi a disagio a raccontare al telefono certe cose. Accanto al gruppo di volontari, lavora in silenzio anche una rete nazionale di professionisti, fatta di sacerdoti, psicologi, psicoterapeuti e ginecologi. Tutti insieme per stare accanto a chi ha vissuto il dramma dell’aborto, e continua a soffrirne. Fede e terapia.
“Chi ha abortito – ha spiegato monsignor Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara e vicepresidente per l’Italia settentrionale della Conferenza episcopale italiana – soffre profondi sensi di colpa, da cui è necessario guarire. Questa cura, però, non porta a una piena guarigione se non si apre il cuore alla dimensione spirituale e cristiana”.
Il progetto, presentato giovedì 14 aprile nella sede milanese del quotidiano Avvenire, si chiama “Fede e Terapia” e si propone di offrire un percorso di accompagnamento alle famiglie che devono fare i conti con una genitorialità ferita. Si tratta di un programma che nasce dalla ventennale esperienza dell’Associazione “Difendere la vita con Maria” , fondata a Novara e riconosciuta dall’ordinario diocesano nel 2004, che da anni si occupa di dare sepoltura ai bimbi non nati a causa di aborti. 
“Con questo numero verde – ha raccontato Carlo Casini, presidente onorario del Movimento per la vita – vogliamo continuare a salvare molte vite umane, tentando di offrire il perdono a tutti coloro che hanno attraversato l’incubo dell’aborto. Le telefonate che riceviamo sono per lo più notturne e anonime, segno che molti hanno difficoltà e timore a parlare del proprio calvario. Ma non dobbiamo dimenticare che siamo nell’anno della Misericordia e che non bisogna mai stancarsi di chiedere perdono”.
La sofferenza dei papà. A rivolgersi all’assistenza del numero verde non sono soltanto le donne. Ci sono anche tanti uomini che non riescono a elaborare il lutto e che si domandano senza pace che fine abbia fatto il loro bambino. Secondo i dati dell’associazione, il 41% di chi telefona è composto dai papà. E loro, si sa, sono tendenti per natura a seppellire il dolore, a nasconderlo più che condividerlo. 

“Con gli uomini bisogna tentare un approccio diverso – precisa don Maurizio Gagliardini, presidente dell’Associazione Difendere la vita con Maria – perché hanno un’emotività diversa rispetto alle donne. Anche loro però vengono travolti dal dolore provocato dalla perdita di un figlio, ed è attraverso un lavoro di squadra che cerchiamo di affrontare il disagio che li tormenta”. 

La chiave, in molti casi, è riuscire a passare dal senso di colpa al senso del peccato. Stabilendo un percorso di razionalizzazione che permetta alle famiglie di condividere il dolore insieme agli operatori. Ma a causa di pregiudizi e luoghi comuni, non sempre questo passaggio avviene con spontaneità. “La nostra società – spiega ancora monsignor Brambilla, che ha scritto l’introduzione al manuale in uso tra gli operatori del numero verde – di solito non riconosce l’aborto come una perdita. Spesso, anzi, viene considerato come una ‘non­esperienza’. 

Il problema della cultura dominante è che conaidera l’aborto come la aoluzione di un problema, ignorando che invece è la causa di enormi disagi”.

Fonte: Agenzia SIR

venerdì 8 aprile 2016

Sintesi dell'Esortazione "Amoris Laetitia".





Tradotta da un lavoro del noto blog Rorate Caeli.

Non è un caso che Amoris Laetitia (AL), l’esortazione post-sinodale “sull’amore nella famiglia", sia stata firmata il 19 marzo, solennità di San Giuseppe. Essa riunisce i risultati dei due Sinodi sulla famiglia convocati da Papa Francesco nel 2014 e 2015. Si citano spesso le loro relazioni finali come pure sono citati i documenti e gli insegnamenti dei suoi predecessori e le sue stesse, numerose catechesi sulla famiglia. Inoltre, come in precedenti documenti magisteriali, il Papa si avvale anche dei contributi di varie Conferenze episcopali di tutto il mondo (Kenya, Australia, Argentina...) e cita figure significative come Martin Luther King ed Erich Fromm. Il Papa cita anche il film “La Festa di Babette” per illustrare il concetto di gratuità.
Introduzione (1-7)
L'Esortazione apostolica colpisce per la sua ampiezza e dettaglio. I suoi 325 punti sono distribuiti su nove capitoli. I sette paragrafi introduttivi denotano la complessità di un argomento su cui c’è urgente bisogno di uno studio approfondito. Gli interventi dei Padri sinodali compongono una "gemma sfaccettata" (AL 4), un prezioso poliedro, il cui valore deve essere preservato. Ma il Papa avverte che "non tutte le discussioni su questioni dottrinali, morali o pastorali hanno bisogno di essere risolte dagli interventi del magistero". In effetti, per alcune domande, "ogni paese o regione… possono cercare soluzioni più adatte alla propria cultura e sensibili alle sue tradizioni ed esigenze locali. Poiché 'le culture sono in realtà molto diverse, ogni principio generale... ha bisogno di essere “inculturato”, per essere rispettato e applicato’” (AL 3). Questo principio di “inculturazione” si applica al modo in cui i problemi sono formulati e affrontati e, a parte le questioni dogmatiche che sono state ben definite dal Magistero della Chiesa, nessuno di questi approcci può essere "globalizzato". Nel suo discorso alla fine del Sinodo del 2015, il Papa ha detto molto chiaramente: "Ciò che sembra normale per un vescovo in un continente, è considerato strano e quasi scandaloso - quasi! - per un vescovo di un altro continente; quello che è considerato una violazione di un diritto in una società è una regola evidente e inviolabile in un’altra; ciò che per alcuni è la libertà di coscienza, per altri è semplicemente la confusione".

Il Papa afferma chiaramente che abbiamo bisogno prima di tutto di evitare una giustapposizione sterile tra le esigenze di cambiamento e l'applicazione generale di norme astratte. Egli scrive: "I dibattiti svolti nei media, in alcune pubblicazioni e anche tra i ministri della Chiesa, vanno da un desiderio smodato di cambiamento totale senza riflessione o sufficiente adattamento, ad un atteggiamento che vorrebbe risolvere tutto applicando regole generali o indebite conclusioni di particolari considerazioni teologiche" (AL 2).

Capitolo Uno: "Alla luce della Parola" (8-30)

lunedì 4 aprile 2016

La nostra arma è la preghiera.

Conoscere Don Dolindo Ruotolo. (1882-1970)



Siamo troppo abituati a confondere il soprannaturale con ciò che è straordinario, e perciò non diamo importanza ai continui interventi soprannaturali che sono frutto della preghiera.

Un miracolo è uno straordinario intervento soprannaturale che può ottenersi solo con una grande fede, subordinatamente ai disegni della divina volontà; una grazia è un intervento soprannaturale più ordinario, ma è un fatto soprannaturale ottenuto parimenti con la preghiera.

Se io prego, per esempio, per ritrovare un oggetto perduto, e lo ritrovo per un lume interno che me lo fa ricercare dove non supponevo che fosse, quel lume non è un miracolo ma un intervento soprannaturale.

Se una volontà è ostinata ed io prego per vincerla, la vittoria che riporto su di essa non è un miracolo ma è frutto di una grazia soprannaturale. La preghiera è, quindi, un mezzo potente per le battaglie continue della vita, perché ci procura gli aiuti di Dio, di Maria Santissima e dei santi, e ci fa vincere le difficoltà o i pericoli della nostra giornata terrena che non sono pochi.

Se preghiamo, poi, per gli altri, noi combattiamo per loro, perché li aiutiamo a vincere gli ostacoli e le difficoltà della vita.

Se sapessimo pregare vivremmo in tutto soprannaturalmente, con gli occhi a Dio e con le mani nelle sue mani. Noi, invece, vogliamo ostinatamente appellarci alle iniziative, alla prudenza, ai ragionamenti ed alle forze naturali, e trascuriamo la preghiera, quasi fosse una cosa oziosa.

Milizia è la vita dell'uomo sulla terra, perché è un continuo combattimento; 
ora, l'arma di questi combattimenti è la preghiera. 
Se manca questa grande arma siamo sopraffatti dai pericoli che c'incombono, e siamo impotenti di fronte alle forze che ci travolgono.

Italia Cristiana alle Comunali di Roma





Fabrizio Verduchi illustra alcune proposte come candidato sindaco di Roma per le Elezioni Comunali 2016