domenica 5 novembre 2017

La completa inversione morale del significato del diritto alla vita.

"Stiamo assistendo a una completa inversione morale del significato del diritto alla vita. Secondo l’ideologia materialista per cui solo coloro che hanno intelligenza e volontà sarebbero veramente umani e, dunque, degni di protezione. Finché non hanno raggiunto questa capacità, sarebbero solo una “materia corporea” sotto il potere di coloro che sono “davvero umani”, intelligenti e dotati di capacità di autodeterminazione. Così, la vita umana non è più una realtà biologica protetta dal diritto internazionale, ma è intelligenza e volontà, cioè forza: la debolezza dei bambini non nati e delle donne in difficoltà hanno una risposta unica: l’eliminazione. La sopravvivenza dei più forti."


                                            


Il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti umani sta per imporre la legalizzazione universale dell’aborto nel nome stesso del diritto alla vita.

Prossimamente si occuperà anche del suicidio assistito e dell’eutanasia, anch’essi necessari ad assicurare il diritto alla vita: per questi signori, evidentemente ” la guerra è pace la libertà è schiavitù l’ignoranza è forza”, come diceva il Grande Fratello di Orwell.

All’inizio di ottobre, l’ECLJ ha presentato al Comitato per i diritti umani un memorandum per la difesa del diritto alla vita con il sostegno di più di 130.000 persone che hanno firmato una petizione per la protezione di ogni vita umana.

Ora apprendiamo dal presidente dell’ECLJ, Gregor Puppink, come stanno andando le cose in seno al Comitato. 

«Questo comitato di esperti indipendenti [che rappresentano gli Stati ma non i popoli: non sono stati mai eletti da nessuno: sono burocrati incaricati di monitorare l’attuazione del Patto internazionale sui diritti civili e politici (1966), ndT], si è riunito a Ginevra nei giorni scorsi al fine di redigere un’interpretazione ufficiale di ciò che si intende per diritto alla vita. Questa interpretazione, questo Commento Generale, ha una certa influenza rispetto alle giurisdizioni e ai legislatori in tutto il mondo, in quanto poi il Comitato giudica gli Stati sul se e come rispettano il trattato.

Alcuni membri del Comitato hanno colto questa opportunità per promuovere un’interpretazione più estesa del diritto all’aborto. In particolare il membro francese del Comitato, Olivier de Frouville, l’americana Sarah Cleveland e il tunisino Yadh Ben Achour. Gli altri membri non si sono espressi, sono stati molto – troppo – passivi su questo tema. Solo Anja Seibert-Fohr, tedesca, ha cercato di ottenere, invano, il riconoscimento del “legittimo interesse degli Stati nel proteggere la vita del feto”, come riconosciuto dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.